LA SCOMPARSA DI MARIO PEDINI

FOTO GEK MONTICHIARI

A Roma l'8 Luglio 2003, è spirato Mario Pedini 

INDICE DOSSIER

 BRESCIAOGGI del 9 luglio 2003

Convinto europeista, si adoperò per risollevare le sorti del Terzo Mondo

L’addio a «Buana Mario»

Il capolavoro: la liberazione degli ostaggi in Biafra


L’ex ministro dc Mario Pedini è morto all'età di 84 anni. Un ictus lo ha stroncato all'improvviso ieri pomeriggio, a Roma, la sua seconda casa, dove ogni mese scendeva per far fronte agli innumerevoli impegni culturali e imprenditoriali. Montichiari perde il suo figlio migliore, l'uomo che per mezzo secolo fu al servizio del Paese, prima come deputato dal 1953 al 1968, quindi all'Assemblea europea tra il 1959 e il 1968, poi ancora sottosegretario per la Ricerca scientifica e per gli Affari esteri, ministro tra il '74 e il '79 prima per la Ricerca scientifica, poi per i Beni culturali. Dopo aver ottenuto la delega alla Pubblica istruzione, chiuse la sua parabola come esponente della Democrazia cristiana al Parlamento europeo tra il 1979 e il 1984.
Era laureato in Storia, Filosofia e Giurisprudenza, nonchè libero docente in Economia della Comunità europea. Fu il promotore delle prime leggi italiane sul volontariato giovanile e sulla cooperazione con i Paesi emergenti, nel 1968, e questa sua conoscenza gli valse diversi incarichi governativi e internazionali. Ha seguito personalmente il processo di decolonizzazione nel mondo e fu l'artefice della liberazione di quattordici prigionieri italiani nelle mani dei guerriglieri in Biafra nel maggio 1969. Gli italiani dispersi erano ventiquattro, ma per dieci di loro non ci fu nulla da fare: furono massacrati, mentre i superstiti furono processati e condannati a morte. Pedini era sottosegretario agli Esteri e gli fu chiesto di intervenire in un caso disperato, poichè il Biafra non era riconosciuto dall'Italia.
Volò in Costa d'Avorio, Stato che teneva contatti diplomatici diretti con il Biafra, parlò con quei governanti e quindi si recò in Biafra, dove riuscì ad incontrare i prigionieri e a farli liberare, dopo un drammatico incontro con il capo della guerriglia Ojukwu e dopo che Paolo VI, il Papa bresciano, ebbe lanciato un appello accorato ai guerriglieri. Questa sua conoscenza dei Paesi del Terzo Mondo e in particolare dell'Africa gli procurò anche l'appellativo di «Buana Mario»; ancora oggi, a distanza di quasi 40 anni da quegli eventi, erano molti i suoi contatti di consulenza con aziende a livello internazionale per migliorare le loro pubbliche relazioni negli Stati africani.
Pedini era un europeista convinto e lottava continuamente, affinchè, come diceva spesso «l'utopia di oggi diventi la storia di domani, la storia cioè di una nuova organizzazione di popoli e nazioni europee, sorretta da un nuovo senso della libertà e da una nuova concezione dei valori dello spirito ed indirizzata ad una attiva partecipazione su scala mondiale allo sviluppo sociale, economico e culturale di tutti i popoli della Terra».
Ha svolto sino all'ultimo giorno l'attività giornalistica ed è autore di numerosi libri. Mario Pedini nacque a Montichiari, dove ha vissuto gli anni dell'infanzia e dell'adolescenza, servendo la sua comunità anche come insegnante e preside di scuola media prima di dedicarsi alla politica. L’ex primo cittadino della cittadina della Bassa, Giliolo Badilini, è stato il moderatore dell'ultima conferenza che lo scorso 20 giugno il senatore sostenne nella Sala Scalvini del Centro Fiera, accanto a Mino Martinazzoli, per commemorare il 25° anniversario dall'assassinio di Aldo Moro, che di Pedini fu «maestro, esempio, suo Capo del Governo quando lo chiamò ad esser Ministro e fratello spirituale, oltre che di partito».
Oggi sapremo la data dei suoi funerali, che saranno certo seguiti da tutta Montichiari, ma non solo. Accanto ai due figli Enrico e Maria Teresa, ai nipoti e ai parenti, non mancheranno la solerte ed infaticabile nipote Carla Gavazzi, sempre a lui vicina, e la fedelissima segretaria Lucia Nodari, l'amico inseparabile Vigilio Belletti e tantissimi suoi estimatori, nel ricordo suo, ma anche delle due mogli del Senatore, Amalia e Carla, prematuramente scomparse negli anni del suo generoso e inesauribile impegno governativo.


Quella volta in tv da Costanzo suonò Beethoven al pianoforte

Amante della politica, ma anche appassionato di musica e musicista egli stesso. Le qualità musicali di Mario Pedini ebbero un’eco a livello nazionale quando l’allora ministro della Pubblica istruzione si esibì al pianoforte, suonando il primo tempo dell’«Appassionata» di Beethoven, nel corso della trasmissione televisiva «Acquario» di Maurizio Costanzo. Dell’impegno di Pedini per le sorti della musica in Italia ha scritto Antonio Barbon nel saggio «Mario Pedini: un ministro che ha amato il pianoforte», edito da «In Fonte» di Iseo, la piccola casa editrice di Giovanni Volpi.
L’autore ripercorre la passione giovanile dell’uomo politico scomparso attraverso le dichiarazioni dallo stesso Pedini, che si definì «ragazzo assetato di musica», rilevando che studiò con l’organista di Montichiari Carlo Inico e prima ancora ebbe come maestro di musica addirittura suo padre, disponendo di un piccolo pianoforte verticale con telaio in legno.
Dopo la prima elezione a deputato nel 1953 Pedini potè acquistare uno «Steinweg», un pianoforte a due quarti di coda, e da allora riversò la propria passione musicale su Beethoven e segnatamente sulla Sonata per pianoforte op. 57, sull’«Appassionata» e sulle Sonate 109 - 110 - 111.   Nel saggio, Barbon si occupa pure dei rapporti che intercorsero fra il parlamentare e il maestro Arturo Benedetti Michelangeli, e in particolare degli sforzi, purtroppo vani, che l’ex ministro (il quale con gli anni a causa dell’artrosi dovette abbandonare l’amatissimo pianoforte) compì per far tornare dal volontario esilio a Lugano il grande pianista bresciano.
Luciano Ranzanici


Corsini: «La sua eredità non va dissipata»

Martinazzoli: «Sono triste e sorpreso». Rosa: «Addio a un uomo di cultura»

Mino Martinazzoli ricorda il primo incontro con Pedini a Orzinuovi, allorchè il futuro Guardasigilli nel ’53 aprì una sezione della Dc e invitò proprio Mario Pedini a discutere del sogno europeo, un tema al quale lo scomparso senatore legò tutta la propria vicenda politica. E anche il periodo ultimo, dopo il ritiro dalla militanza, è stato segnato dal forte interesse per questa questione, «tanto che aveva continuato ad andare a Roma un paio di volte alla settimana, ancora attivo su questi temi». Già, attivo e lucido: Martinazzoli lo aveva trovato così anche un mese fa, nell’ultimo incontro a Montichiari, in occasione di un dibattito pubblico «in cui lui aveva ripercorso il periodo di ministro della Pubblica istruzione e della Ricerca scientifica e io riflettuto su alcuni passaggi dei suoi diari, in particolare quelli sui rapporti con Moro». Per questo «la notizia mi lascia oltre che triste, sorpreso». Insieme al contrasto politico «sempre composto con grande umanità», Martinazzoli rammenta la frequentazione romana «che si prolungava sui treni della notte che ci riportavano a Brescia via Verona».
Ai diari è legato anche l’ultimo ricordo del sindaco di Brescia, Paolo Corsini: «Un pomeriggio all’Ateneo per la presentazione dei due ponderosi volumi», dice. «Un personaggio arguto - così il sindaco tratteggia la figura del senatore democristiano -, di inesauribili interessi culturali e dalla grande passione civile e politica, vissuta nel segno degli ideali democratici e cristiani». E assieme al cordoglio ai famigliari, Corsini sottolinea dell’ex ministro «l’impegno che da oggi grava sulla politica bresciana di non dissiparne l’eredità morale, politica e civile».
Sia l'attuale sindaco di Montichiari Gianantonio Rosa, sia il predecessore di Rosa, Giliolo Badilini, sono stati allievi di Pedini nella stessa classe della scuola media agli inizi degli anni '50. «Montichiari perde un grande amico e un impareggiabile uomo di cultura», è stato il primo commento di Rosa.
Eugenio Barboglio

 

Giornale di Brescia del 09 luglio

È morto il sen. Pedini
IERI A ROMA: AVEVA 84 ANNI

Il senatore Mario Pedini è morto ieri a Roma all’età di 84 anni. Lo ha colto un malore improvviso nel giorno in cui avrebbe dovuto festeggiare assieme ai familiari la laurea della nipote. Ora la salma è composta nella capitale. Dopo una prima funzione religiosa a Roma, i familiari prevedono per sabato una celebrazione nella sua Montichiari. Militante nella Democrazia cristiana fin dalla fondazione, aveva assunto via via responsabilità maggiori fino a quella di segretario provinciale del partito. Nel 1953 aveva lasciato l’insegnamento nella scuola superiore per diventare parlamentare. Aveva percorso nell’ambito del Parlamento l’intero cursus honorum fino agli incarichi di sottosegretario e di ministro in tre governi. Era stato anche eletto prima nell’Assemblea Europea e poi nel Parlamento della Comunità.


È scomparso improvvisamente ieri a Roma, colto da un malore, l’84enne parlamentare bresciano che fu tre volte ministro
Mario Pedini, una vita per la politica


Attivo nella Dc fin dalla fondazione, ha ricoperto le massime responsabilità di Governo

Il senatore Mario Pedini è morto ieri a Roma all’età di 84 anni. Lo ha colto un malore improvviso nel giorno in cui avrebbe dovuto festeggiare assieme ai familiari la brillante laurea della nipote. Ora la salma è composta nella capitale. Dopo una prima cerimonia religiosa romana, i familiari prevedono per sabato una celebrazione nella sua Montichiari. Una conferma è attesa nelle prossime ore. A Roma - dove abita la figlia Maria Teresa - il senatore aveva mantenuto attivo un proprio ufficio. Proprio con la figlia e con il figlio Enrico (che da Brescia si era messo in viaggio nel pomeriggio per raggiungere i familiari nella capitale) era previsto l’appuntamento di ieri sera. Attorno alle 16 però - mentre si trovava nella sede del Circolo Canottieri Aniene, di cui era socio - Mario Pedini è stato colto da un improvviso malore. Forse un ictus. Purtroppo inutili gli immediati soccorsi. Da ieri sera, la salma è composta nell’appartamento romano di via Festo Avieno. Era il più longevo dei politici bresciani coi suoi quasi 85 anni ben portati. Anche quando aveva concluso l’attività parlamentare, l’aveva fatto con lo stile di sempre, cioè con discrezione. Attivo nella Dc fin dalla sua fondazione, era diventato a Brescia uno dei suoi animatori assumendo ben presto responsabilità a livello provinciale. Da lì, Pedini era passato al Parlamento dove aveva percorso l’intero cursus honorum fino alle massime responsabilità di Governo. Venne eletto anche nell’Assemblea Europea dal ’59 al ’68 e nel Parlamento Europeo dal ’79 all’84. Un curriculum denso di incarichi - più volte sottosegretario e tre volte ministro - che lo ha visto sempre attivissimo anche in terra bresciana. I parlamentari di quei decenni, infatti, tenevano contatti permanenti con la realtà dalla quale elettoralmente provenivano. Non soltanto la vita di partito vissuta attraverso le sezioni sparse nei 206 Comuni, ma anche i rapporti con le civiche amministrazioni e con tutte le pubbliche istituzioni. Recentemente (nel settembre del 2002) aveva condensato in due volumi le stagioni del suo impegno nel Governo tra il 1975 e il 1979, cioè fino all’assassinio di Aldo Moro. Un contributo significativo alla recente storia italiana. La sua attività pubblicistica è stata pressoché costante, in coerenza con la professione di docente avviata prestissimo nelle scuole superiori e culminata poi in una libera docenza in Economia della Comunità Europea. Ma accanto all’attività politica che assorbiva gran parte della sua giornata, il sen. Mario Pedini ha sempre coltivato un impegno autentico per la cultura e l’arte. Noto il suo interesse per la musica, per il pianoforte, in particolare che suonava con passione e perizia. Al vertice dei suoi interessi, con la famiglia, la politica. Dopo la scomparsa della moglie, signora Amalia, da cui aveva avuto i figli Enrico e Maria Teresa, si era risposato, ma sventurato, aveva ben presto perduto anche la seconda, signora Carla. Tra le sue iniziative parlamentari, notissima quella per il Servizio civile che ha offerto alle nuove generazioni la possibilità di un’alternativa a quello militare. Come deputato, nazionale ed europeo, ha sempre operato per lo sviluppo dei Paesi del Terzo Mondo attraverso la cooperazione economica. Non va dimenticato il suo ruolo di relatore generale al Parlamento europeo nel 1965 sull’Euratom e alla Conferenza di Ginevra per il commercio mondiale. Le istituzioni bresciane civili e culturali nella loro storia più recente conservano tutte il segno del contributo dell’on. Pedini per la loro crescita. Pensiamo all’Ateneo, all’Università Statale, in particolare alla Facoltà di Economia e Commercio a partire dalla sua matrice che fu la Fondazione Milziade Tirandi, al mondo della scuola cui era legatissimo. Intensa anche la sua attività pubblicistica che spazia dai problemi dell’istruzione professionale alla riflessione politica, alla storia. Anche negli ultimi anni, aveva continuato a coltivare rapporti con la realtà bresciana e a tener vivo l’interesse per la politica estera. Da anni era commentatore acuto e puntuale di temi di politica internazionale per il nostro giornale sul quale aveva anche recentemente ribadito le sue speranze e i suoi ideali anche oltre le pesantezze e le incertezze del tempo presente. L’articolata complessità della sua testimonianza e del suo pensiero meriterà un ricordo anche oltre la commozione immediata per la sua dolorosa scomparsa.


  Il Giornale di Brescia partecipa vivamente al lutto dei familiari.


Dal 1953 al 1984 l’intensa attività nel Parlamento italiano e nella Comunità europea
Le tappe di un’intensa biografia
Lo sguardo all’Europa e al mondo. La presidenza dell’Ateneo. L’amore per la musica

Il senatore Mario Pedini era nato a Montichiari il 27 dicembre del 1918. Si era laureato in Storia-Filosofia e Giurisprudenza nella prestigiosa Università di Pavia. Era anche libero docente in Economia della Comunità economica europea. Lunga la sua attività politica nel Parlamento Italiano (deputato dal ’53 al ’75, poi senatore dal ’76 all’80) nelle fila della Democrazia Cristiana. Era stato membro dell’Assemblea Europea dal ’59 al ’68, e in quest’ambito presidente della Commissione «Relazioni esterne» ed «Energia e ricerca scientifica» e relatore alla prima Conferenza della Associazione tra la Cee ed i Paesi africani e malgascio. Dal ’69 al ’79 ricoprì numerosi incarichi di governo: dal ’69 al ’74 fu sottosegretario al Ministero degli affari esteri con deleghe per l’emigrazione, per i problemi della Comunità europea e per le leggi del volontariato e della cooperazione con i Paesi in via di sviluppo. Fu ministro della Ricerca scientifica dal ’75 al ’77); ministro dei Beni culturali ed ambientali (dal ’77 al ’78) e ministro della Pubblica istruzione (dal ’78 al ’79). Venne eletto al Parlamento europeo, dove sedette dal ’79 all’84 nel Gruppo del Partito popolare europeo. Per l’organismo comunitario ricoprì la carica di presidente della Commissione «Cultura, gioventù, sport» e della «Delegazione per l’America Latina». Intenso il suo impegno in campo culturale. A Brescia fu presidente dell’Ateneo di Scienze, Lettere ed Arti dal ’79 all’86. Inoltre è stato membro del Consiglio scientifico dell’Enciclopedia italiana dall’83 al ’93; commissario e presidente dell’Accademia nazionale d’arte drammatica «Silvio D’Amico» dall’86 al ’95. Esperto di politica internazionale, autore di saggi e promotore di leggi sul volontariato e la cooperazione, ha insegnato all’Università di Parma ed alla Luiss di Roma.  È stato inoltre membro dell’esecutivo del Centro di sviluppo industriale della Cee e del Consiglio consultivo della Convenzione di Lomè dall’86 al ’94 e membro dell’esecutivo italiano del Movimento europeo. Negli ultimi anni era stato presidente di Assafrica (la Associazione della Confindustria per imprese che operano in Africa e nel Mediterraneo), dell’Astaldi Spa di Roma (attiva in Italia e nel mondo per costruzioni di infrastrutture); della Fondazione universitaria «Milziade Tirandi» di Brescia e della Commissione per l’edizione nazionale delle opere di Giuseppe Cesare Abba. Tra i suoi hobby, il pianoforte, la musica, la fotografia.


L’ultimo articolo per il giornale
ACUTO E PUNTUALE COMMENTATORE DI POLITICA ESTERA

Il 18 giugno scorso, con la consueta competenza e con la capacità di leggere gli avvenimenti anche più recenti, il sen. Mario Pedini aveva scritto un articolo sui conflitti nel mondo, che riproponiamo.


 Famoso il detto latino «historia docet». Guardando tuttavia anche ai fatti recenti, forse lo si potrebbe aggiornare dicendo «sed non multi sunt discipuli», pensando come siano pochi coloro che fanno tesoro della Storia! Aveva dunque ragione il ministro Berlinguer che voleva ridurre i programmi di fatto alla storia contemporanea e poco si curava del passato e delle radici? Non credo! Penso anzi che avesse ragione Erasmo quando scriveva che «non si vede il futuro se non si sale sulle spalle del passato». In verità sono molte le affinità di eventi se anche solo guardiamo nella storia di oggi! Nella crisi sociale del mondo odierno non si ripete, ad esempio, un’autentica «secessione della plebe» (i poveri del mondo) simile a quella famosa dei tempi di Roma antica? E nella situazione internazionale attuale, non si leggono fatti già sperimentati in passato? Nella storia, nel suo equilibrio tra libero arbitrio umano e disegno provvidenziale, non è difficile infatti constatare che le grandi civiltà umane vivono vicende tra loro simili come se, mi si passi l’esempio, tutte suonassero la stessa sinfonia! Ogni civiltà ha cioè il suo medioevo, il suo nazionalismo, il suo rinascimento, la sua maturità e si avvia infine a decadenza! Ma ahimé (o per fortuna), non in contemporanea, sicché mentre una civiltà suona il primo tempo della sinfonia del mondo, un’altra suona il secondo, un’altra ancora il terzo e dal tutto nasce un ben confuso concerto! L’Africa di oggi, ad esempio? Vive in un drammatico caos così come fu per l’Europa barbarica dopo la fine dell’Impero romano e prima che la cristianizzazione comune desse vita alla storia di giovani nazioni. Un altro esempio: in Turchia, in Egitto, nel Maghreb e nello stesso Iran, fermentano oggi contro il fanatismo islamico forze intellettuali moderniste che, come già fu per l’umanesimo europeo, chiedono anch’esse il libero esame dei Testi sacri, invocano il «date a Dio quel che è di Dio, a Cesare quel che è di Cesare» e ambiscono a quel sapere scientifico che già liberalizzò l’Europa e la lanciò nel progresso. E guardando alle guerre tribali che insanguinano il mondo decolonizzato come non ricordare le lotte di religione e le guerre di successione che per secoli tormentarono la nostra Europa? Coincidenze, si dirà! Chiamiamole piuttosto «affinità storiche» che anche nella presente crisi internazionale dovrebbero suggerire prudenza di giudizio sia di fronte alla violenza bellica sia di fronte a un pacifismo strumentale e non meditato che alla fine disarma valori che pur sono essenziali per il futuro di noi tutti. Diciamo dunque e con chiarezza agli amici americani che di fronte alle vittime delle guerre preventive o meno, alle scene tragiche a noi note per antica sofferta esperienza, noi europei non condividiamo il loro bellicismo e il loro messianismo e crediamo che la «caduta del Muro» non è la «fine della Storia» ma sollecita se mai un ordine internazionale «policentrico». Ma diciamo anche a noi stessi che dobbiamo comprendere le ragioni del bellicismo americano, tanto più che esso è di fatto risposta ad un terrorismo che, esploso con la demolizione delle Twin Towers, (vera guerra preventiva) minaccia anche noi europei e alimenta ormai rischiose guerre di religione. E riconosciamo, proprio guardando alla Storia nostra e alle sue affinità, che l’America giovane e potente si comporta oggi come un secolo fa si sono comportate nel mondo le nostre maggiori potenze europee titolari di impero, dotate allora di imbattibile potenza di eserciti e di flotte. E ragionando pure sull’Europa di oggi pacifica ma non più potente, occorre dire che essa è soddisfatta della sua pace interna e delusa delle sue passate e inutili guerre, ancor meglio potrà dire che, più che gli atti di forza, sono necessarie oggi mediazioni pacifiche ispirate a giustizia e a realismo, utili alla fine alla stessa America e al futuro ordine del Mondo. Un impegno urgente ad esempio e indilazionabile anche per l’Europa, piaccia o non piaccia a Sharon. La mediazione paziente su quel contrasto mortale tra Israele e Palestinesi che si fa sempre più pericolo per tutti e sul quale l’America da sola, nonostante la sua forza militare, sembra ormai che molto non possa fare.     Mario Pedini

 

PediniMario.jpg (10857 byte)

 

 BRESCIAOGGI del 10 luglio 2003

Stasera arriva da Roma la salma del senatore. I funerali sabato alle 10 partendo dall’abitazione

Pedini, l’addio di Montichiari

Niente camera ardente in municipio. E c’è chi dissente

Non verrà utilizzata la sala consiliare del municipio, come molti speravano a Montichiari, quale camera ardente per dare l’estremo saluto al senatore Mario Pedini.
Sono molti a Montichiari gli amici di Pedini rattristati per questa opportunità mancata, ma sembra che il senatore stesso abbia scritto nel suo testamento di volere "una cerimonia molto semplice, come la ebbero papà e mamma". Certo molti ci speravano, considerandolo un tributo verso un uomo che ha profondamente amato il suo paese natìo: Montichiari deve molte delle sue conquiste all'inesauribile attività politica e sociale del professor Mario Pedini.
La richiesta verso il sindaco Gianantonio Rosa era doverosa e si era preso l'incarico di portarla avanti l'architetto Vigilio Belletti, ex consigliere provinciale e grande amico del senatore nonchè di tutta la sua famiglia. «Mi è stato risposto dal sindaco in persona che forse non era il caso - rivela Belletti - e io non ho insistito più di tanto non trovando quell'approvazione immediata che mi aspettavo».
Interpellato in merito il sindaco Rosa ha confermato di aver parlato della questione con Enrico, figlio del Senatore, e di aver saputo da lui che la famiglia preferiva avere «nella semplicità di casa» quella camera ardente. È stata quindi confermata l'abitazione del senatore in via Cavallotti quale luogo di svolgimento della preghiera e della veglia, previste per domani sera. Anche il funerale del Senatore partirà quindi da via Cavallotti 76 sabato mattina alle ore 10: un corteo che si prevede molto affollato si dirigerà verso il duomo Santa Maria Assunta per la funzione religiosa. Il destino ha voluto che in quella stessa data, il 12 luglio del 1962, morisse il padre del senatore, il maestro Amedeo Pedini, figura molto amata e che fu commemorato in consiglio comunale dall'allora sindaco Bruno Mazza, nei giorni in cui il figlio Mario ricopriva già la carica di assessore nella quarta legislatura democratica (1960-1964) del Comune.
Amedeo Pedini giunse da Gardone Valtrompia a Montichiari nel 1907, dove si sposò, partecipò attivamente alla vita pubblica e fu tra i fondatori della prima Scuola di Avviamento Professionale. Insegnò per ben 44 anni e dopo la sua morte il consiglio comunale mise a disposizione, a suo nome, una cifra di 100.000 lire per borse di studio a favore di alunni poveri e meritevoli, una tradizione che continua ancora oggi tramite la Fondazione Amedeo Pedini. Per circa 30 anni, cioè fino a quando fu chiamato a ricoprire la carica di ministro, Mario Pedini fu impegnato a livello locale, come consigliere o come assessore, a dimostrazione che la sua arena di battaglia politica non fu solo rappresentata da provincia, regione, Italia, Europa e Africa; Pedini non solo fu ministro e scrisse decine di libri e centinaia di articoli per testate internazionali, ma lavorò anche per la piccola Montichiari e la sala consiliare era un po' la sua seconda casa.
Non sarà tuttavia questo il luogo che accoglierà stasera, quando il feretro arriverà da Roma, le spoglie mortali di Pedini e le migliaia di persone che gli renderanno l’ultimo omaggio.
Francesco Di Chiara

 

Giornale di Brescia del 10 luglio 2003

Dopo la benedizione a Roma, stasera, alle 19, la veglia funebre nell’abitazione di via Cavallotti, domani, alle 10, i funerali in Duomo


Pedini, l’abbraccio della sua Montichiari
Il commosso ricordo dei politici bresciani

Sono fissati per sabato nella sua Montichiari i funerali del senatore Mario Pedini, deceduto martedì a Roma per un malore improvviso. Nella capitale - dove abita la figlia e dove aveva mantenuto attivo un ufficio - il senatore si era recato per festeggiare con i familiari la laurea della nipote. Una prima cerimonia religiosa voluta dalla famiglia si terrà stamattina a Roma, quando alle 10 nelle chiesa di Santa Chiara (in piazza dei Giochi Delfici) la salma sarà benedetta dal cardinale Giovanni Battista Re. All’appuntamento ha tenuto ad assicurare la propria presenza anche il senatore Andreotti. Poi il feretro sarà portato a Montichiari, nell’abitazione di via Cavallotti 76. La veglia funebre è prevista per le 19 di domani. I funerali invece saranno celebrati sabato mattina alle 10 nel Duomo monteclarense. Intanto giungono in redazione le testimonianze di stima e di cordoglio delle istituzioni politiche. «Mario Pedini ha attraversato la storia bresciana del secondo Novecento da protagonista, con tenacia e allo stesso tempo umiltà, virtù mai dissimulate: un carattere nel quale è possibile rintracciare pure una brescianità autentica, intensamente vissuta, mai esibita». Il sindaco di Brescia Paolo Corsini, con un’articolata riflessione che riprendiamo in parte, ricorda il sen. Mario Pedini. «Chi ha frequentato negli anni Mario Pedini, chi lo ha avuto vicino nell’amicizia o nell’attività pubblica, ricorda di lui due doti preminenti, che emergono nitide nella sua lunga esistenza: il forte senso di servizio inteso come fatica e impegno da assolvere quotidianamente unito, allo stesso tempo, al forte senso di responsabilità che doveva improntare l’agire e l’operare. Due peculiarità che si sono incontrate con un altro tratto caratteristico del suo temperamento, candido e mite, ma al contempo tenace e intransigente: la curiosità intellettuale, intesa come spontaneo riflesso dell’anima, come espressione di uno spirito aperto e tollerante. In ogni sua azione. Una curiosità intellettuale che si è tradotta in un’attesa mai sopita per le vicende della vita, per le trasformazioni - anche le più tumultuose - della società, in una passione divorante per i libri, la musica, il sapere nelle sue molteplici forme e prospettive. Oltre le liturgie e le ortodossie. Di Mario Pedini rammenterò sempre la capacità di declinare le istanze e le aspettative sociali in pragmatismo progettuale: un "abito mentale" che gli derivava da una concezione non astratta, non integralista della proposta politica, piuttosto affidata alla laicità delle scelte, al rigore quasi calvinista, alla coerenza tra idea e azione, nel segno della disponibilità e dell’apertura al confronto anche con culture diverse dalla propria. Un uomo motivato da una reale volontà di capire, di cogliere le ragioni dell’altro. Un impegno civile a tutto tondo, dunque, immune dalla ricerca affannosa di onori, con un’attitudine a stupirsi ancora, giorno dopo giorno: il lascito più vero del mio e nostro amico Mario Pedini». Dal ricordo di Alberto Cavalli, presidente dell’Amministrazione provinciale, riprendiamo la parte conclusiva: «Conservo molti ricordi che mi legano al senatore Pedini. I più recenti di carattere pubblico, con i suoi interventi appassionati alla recente commemorazione del senatore Ariosto, alla biblioteca di Casto, dove la sua lucidità e la sua argutezza parlando di politica hanno toccato profondamente l’animo dei convenuti. Come a Passirano, dove le sue parole sono state dedicate ad un giovane amico prematuramente scomparso. E nella sua casa, in mezzo ai libri che amava donare e che costituiranno per me un ricordo prezioso della sua vita e della sua amicizia. Non si può non sottolineare che per la sua Montichiari ha fatto molto e la crescita della sua città continua a trovare impulso dalla sua lungimiranza. Pur concentrato sui problemi della politica internazionale e della promozione dei popoli più poveri, è sempre stato attento alle questioni locali e non di rado mi ha dato suggerimenti per risolvere i principali problemi del territorio bresciano. Proprio nei giorni che hanno preceduto la sua improvvisa scomparsa, stava programmando un incontro da tenersi in un angolo della montagna bresciana per continuare a tessere il filo del suo rapporto con la comunità. Il senatore Pedini si ricorderà, dunque, come uomo delle istituzioni a livello nazionale ed internazionale e come uno degli esponenti più autentici della migliore tradizione democratica cristiana. Un figlio di cui Brescia può ben dirsi orgogliosa, onorandone la memoria». La segreteria provinciale dell’Udc sottolinea tra l’altro che «quasi non esiste settore della vita pubblica italiana ed internazionale che non abbia visto l’impegno attento e costante di Mario Pedini, che non sia stato penetrato dalla sua intelligenza critica, che non sia stato governato dalla sua saggezza e dal suo equilibrio. I suoi articoli, gli interventi ai dibattiti, le sue testimonianze hanno confortato il nostro cammino, umano e politico fino all’ultimo giorno della sua presenza terrena». L’on. Aventino Frau, ricordando di averlo avuto quale giovanile guida ai problemi della cooperazione per il Terzo mondo e della politica estera, ne rammenta la capacità di aggregare e formare persone capaci di collaborare per affrontare quelle delicate questioni.


Il cordoglio di Ciampi
DAL QUIRINALE
  

Il presidente Ciampi ha espresso alla famiglia Pedini il suo cordoglio: «La scomparsa dell’on. Pedini lascia un vuoto nella vita politica e istituzionale. Nella sua attività al Parlamento nazionale ed europeo e nel suo impegno di governo egli ha sempre operato con grande senso di responsabilità e con profonda passione civile per promuovere lo sviluppo culturale, sociale ed economico della nostra Repubblica. Fedele alla tradizione cattolica, ha fermamente creduto che i valori della solidarietà e del dialogo sono indispensabili per realizzare azioni concrete e positive per il rinnovamento e il progresso».


Quei prigionieri italiani salvati
NEL GIUGNO DEL 1969 LA DRAMMATICA TRATTATIVA COL GOVERNO BIAFRANO

Nigeria, 12 maggio 1969: ribelli biafrani occupano una zona ad occidente del fiume Niger, dove operano 25 italiani, tre tedeschi e due libanesi in ricerche petrolifere per conto dell’Agip Nigeria. La notizia rimbalza in Italia e subito si pensa al peggio. I tecnici italiani stavano smobilitando per raggiungere la capitale, Lagos, quando sono stati sorpresi dai guerriglieri. Le prime ricerche di quelli che sono considerati dispersi vengono affidate ad un missionario irlandese, padre Anthony Byrne. Il 26 maggio la tragica notizia: undici tecnici sono stati uccisi dai biafrani. L’on. Mario Pedini, sottosegretario agli Esteri, parte immediatamente per Abijan e prende contatti col presidente della Costa d’Avorio. Inizia così la lunga, faticosa trattativa del parlamentare bresciano per far luce sui tragici avvenimenti e portare in patria i superstiti. Pedini trova conferma solo di 18 italiani prigionieri, di cui due leggermente feriti e poi undici dispersi, tre stranieri. Incontri febbrili, anche col presidente dell’Eni, Eugenio Cefis, per coordinare l’azione di recupero e seguire la mediazione del presidente della Costa d’Avorio, Boigny. Pedini, il 29 maggio, invia un messaggio al capo dei guerriglieri biafrani, generale Ojukwu con la richiesta ufficiale del nostro Governo di rilasciare i 14 tecnici italiani prigionieri. Il 2 giugno la notizia che dieci italiani, dopo un processo sommario, sono stati condannati a morte, uccisi e gettati in una fossa comune con un giordano e due nigeriani, nello stesso campo di Kwale. Tra questi, Giovanni Giuliano, di 46 anni, che abitava a Brescia. La nazione è in lutto. Il presidente Saragat e il presidente del Consiglio Rumor stigmatizzano duramente l’accaduto. Intanto l’on. Pedini moltiplica gli sforzi per salvare i superstiti e va a Libreville, nel Gabon per tentare il negoziato direttamente con le autorità biafrane. La tenacia del nostro parlamentare sembra avere successo il 4 giugno, quando il Governo biafrano annuncia di avere deciso «un atto di clemenza» per il quale i prigionieri italiani «saranno rilasciati il più presto possibile». Il 6 giugno i giornali titolano: «La delicata missione di Governo che il sottosegretario Pedini ha condotto con successo». Finalmente l’8 giugno, dopo ventinove giorni drammatici, i 18 superstiti del Biafra (solo ora la cifra è esatta) tornano alle loro famiglie, dopo essere stati accolti da Saragat e dal Papa, Paolo VI che consola con: «Quelli che mancano ci sono presenti nella valutazione del loro sacrificio». Pedini riconosce l’apporto della Costa d’Avorio, del Gabon e della Francia nella difficile mediazione. Ai familiari in lacrime, il sottosegretario, con un accenno commosso può dire: «Ve li ho portati». L’azione diplomatica gli ha dato grande notorietà, soprattutto nei Paesi africani. Non aveva certo risparmiato sforzi ed intelligenza. Come sempre nella sua lunga, intensa vita.         Egidio Bonomi

 

 BRESCIAOGGI del 11 luglio 2003

Questa sera alle 19 la veglia funebre, domattina alle 10 ci sarà il funerale. Anche Casini, Urbani e Formigoni scrivono alla famiglia
Pedini, Montichiari ha proclamato il lutto cittadino
Commosso messaggio del presidente Ciampi: «Lascia un vuoto nella vita politica ed istituzionale»

Questa sera alle 19 la veglia funebre. Domattina alle 10 il funerale. Messaggi da Ciampi, Casini ed Urbani. Lutto cittadino a Montichiari. Ieri è stata la giornata d'inizio del lutto cittadino, proclamato dall'Amministrazione comunale di Montichiari, per commemorare il senatore Mario Pedini, morto improvvisamente a Roma martedì pomeriggio. Nell'annuncio pubblico che è stato affisso in ogni angolo del paese il governo locale «partecipa al dolore dei familiari e dell'intera comunità per l'improvvisa scomparsa dell'illustre concittadino» e lo ricorda come uomo straordinario che «attraverso l'appassionata attività civile e politica a livello nazionale ed internazionale e l'inesauribile ed autentico impegno per la cultura e l'arte, ha onorato il nome della nostra città».
L'Amministrazione comunale guidata dal sindaco Gianantonio Rosa invita infine tutta la popolazione a «sottolineare unanime il lutto cittadino con la partecipazione alle esequie che si terranno nel Duomo di Montichiari sabato 12 luglio alle ore 10». Ieri sono anche stati resi noti i messaggi inviati dal Capo dello Stato e dal Presidente della Camera dei Deputati.
«La scomparsa dell'on.le Pedini lascia un vuoto nella vita politica ed istituzionale - scrive Carlo Azeglio Ciampi -. Nella sua attività al Parlamento nazionale ed Europeo e nel suo impegno di governo egli ha sempre operato con grande senso di responsabilità e con profonda passione civile per promuovere lo sviluppo culturale, sociale ed economico della nostra Repubblica. Fedele alla tradizione cattolica, ha fermamente creduto che i valori della solidarietà e del dialogo sono indispensabili per realizzare azioni concrete e positive per il rinnovamento ed il progresso».
Il presidente della Camera Pierferdinando Casini, anche a nome di tutti i deputati, ha voluto ricordare «l'amico indimenticabile. Con la sua scomparsa l'Italia perde uno dei personaggi che più hanno contribuito alla crescita civile e culturale del nostro Paese». Anche il presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, in un telegramma inviato alla famiglia, ha reso omaggio al «protagonista della vita politica e della storia italiana». «Ricordo con stima - scrive Formigoni - il suo lavoro a servizio del nostro Paese, testimonianza del suo impegno e della sua passione civile espressa nell'attività parlamentare per numerose legislature e nelle responsabilità di ministro in diversi Governi della Repubblica. Non mancò a Pedini - ricorda ancora Formigoni - una grande apertura alla dimensione internazionale: fu tra i protagonisti sia della costruzione dell'unità politica e morale dell'Europa sia dell'apertura ai Paesi in via di sviluppo del bacino del Mediterraneo». Parole di ricordo e di cordoglio sono giunte anche dal Ministro dei Beni Culturali Giuliano Urbani. Proprio in questo ministero esordì come Ministro nel 1975 il Senatore Pedini.
Ieri mattina una folla commossa di amici e colleghi del Senatore hanno partecipato alla funzione religiosa che si è svolta nella Chiesa di Santa Chiara a Roma, in piazza dei Giochi Delfici, dove la salma di Pedini è stata benedetta dal cardinale bresciano Giovanni Battista Re. Poi nel tardo pomeriggio il feretro è stato portato in auto a Montichiari dove è stata allestita la camera ardente nella casa della famiglia Pedini in via Cavallotti 76. Nell'abitazione dell'Onorevole in serata alle 19 è prevista la veglia funebre; da qui domattina alle 10 partirà il corteo funebre per il Duomo di Montichiari.

Francesco Di Chiara

 

Giornale di Brescia del 11 luglio 2003

Ieri a Roma benedetta la salma, stasera la veglia funebre
Domani a Montichiari i funerali del sen. Pedini

Stasera la veglia funebre - a partire dalle 19 - nella casa di via Cavallotti, domani alle 10 i funerali nel Duomo. Così Montichiari rivolgerà l’ultimo saluto al senatore Mario Pedini, morto martedì pomeriggio a Roma all’età di 84 anni per un improvviso malore. Ieri si è tenuta nella capitale già una prima cerimonia religiosa, con la benedizione del feretro nella chiesa di Santa Chiara da parte del cardinale Giovan Battista Re. Oggi e domani il commiato bresciano. Il senatore Pedini si trovava a Roma - dove abita la figlia e dove l’ex parlamentare aveva mantenuto un proprio ufficio - per festeggiare assieme ai familiari la laurea della nipote. Il malore martedì pomeriggio mentre si trovava al Circolo Canottieri Aniene, di cui era socio. Lunga e intensa l’attività politica del senatore Mario Pedini, che sedette nel Parlamento italiano e in quello europeo e che tra il ’75 e il ’79 fu tre volte ministro. Un impegno, il suo, sempre venato di attenzione per i temi culturali e di passione per la politica internazionale. Tra le iniziative parlamentari a cui legò il proprio nome vi fu la legge che introduceva la possibilità per i giovani di effettuare un servizio civile alternativo a quello militare e che diede forte impulso alla cooperazione internazionale. «Promuovendo il volontariato - scriveva lo stesso Pedini alcuni anni fa - si pensò anche ad una gioventù che potesse direttamente fare esperienza di solidarietà, di internazionalismo, di difesa della dignità dell’uomo. In altre parole si pensò ad una gioventù più capace di dare etica alla democrazia, meglio destinata a generare i cittadini del mondo». Pedini ricordava così come nacque l’idea di un servizio civile internazionale: «Nel 1962 incontrai in Togo un giovane medico vicentino. Era lì ad aiutare un vescovo il cui ospedale era stato distrutto da scontri tribali. Non essendosi presentato in tempo per la leva militare rischiava di essere processato. Non fu difficile scagionarlo e far capire che il suo lavoro, anche nell’interesse della pace, era molto più utile laggiù che in una qualsiasi fureria, se è vero che l’esercito esiste soprattutto per salvaguardare la pace e che le condizioni di pace non hanno nel nostro tempo confini né geografici né sociali». Costante anche l’attenzione ai temi culturali cui ispirò non solo il suo lavoro ministeriale ma anche - tra l’altro - l’impegno con l’Ateneo di Brescia. Forte l’interesse per la musica, e per il pianoforte in particolare. Inedita la foto che pubblichiamo qui sopra, che lo ritrae assieme ad Arturo Benedetti Michelangeli e ad Agostino Orizio.

 

 BRESCIAOGGI del 12 luglio 2003

Il vescovo Olmi reciterà l’omelia

A Montichiari l’addio al senatore Mario Pedini
Il corteo funebre parte alle 10 dalla casa di via Cavallotti. Le esequie nel Duomo

Sarà il Vescovo Mario Olmi, ex abate di Montichiari e profondo conoscitore di Mario Pedini, a condurre questa mattina alle ore 10 i funerali e l'omelia per il senatore. Il corteo partirà da casa Pedini in via Cavallotti 76, che dista poche decine di metri dal Duomo, per riempire la parrocchiale e proseguire poi verso il cimitero monteclarense dove la tomba di famiglia accoglierà le spoglie dell'ex ministro tanto caro a tutta la cittadina di Montichiari. Ieri sera invece la veglia in casa Pedini è stata condotta dall'Abate di Montichiari, Franco Bertoni, davanti ad una folla commossa di amici e conoscenti. «Mi inviava sempre i suoi articoli - ha commentato il prelato - ed ultimamente mi aveva fatto capire con serenità che era pronto per la morte tanto che a Natale andò a fare gli esercizi spirituali in un monastero». Questo aspetto di una fede profondamente vissuta ha sempre attraversato tutta la vita di Mario Pedini, tanto che i suoi più stretti familiari (i figli Enrico con Fulvia, Maria Teresa con Fabio, i nipoti Chiara, Mario, Francesca, Giovanna e Amedeo) lo hanno voluto immortalare nei loro annunci pubblici come «Uomo di profonda Fede, Umanità e Cultura».
Nella sua attività internazionale si preoccupò anche di problematiche relative ad altri popoli, di altre religioni, come negli anni tra il 1980 ed il 1984 (allora era parlamentare europeo) quando si fece portatore dell'istanza di difesa per i diritti dei baha'i in Iran, minoranza religiosa perseguitata.
Ieri è giunto alla famiglia Pedini un telegramma da Roma, inviato dall'Assemblea spirituale nazionale dei Baha'i d'Italia in cui ricordano «con sentimenti di gratitudine l'opera svolta dal senatore per la difesa dei diritti di libertà religiosa la cui mancanza ha portato molta sofferenza ai nostri confratelli della Comunità Baha'i Iraniana. La sua opera è sicuramente servita per alleviare quelle sofferenze e persecuzioni».

Francesco Di Chiara

 

Giornale di Brescia del 12 luglio 2003

Il presidente Focsiv, Agostino Mantovani: seppe dar voce ad una sensibilità tutta bresciana
«Pedini: il politico e il volontariato»
Oggi a Montichiari i funerali del senatore che volle la legge sulla cooperazione

Oggi a Montichiari i funerali del senatore che volle la legge sulla cooperazione

«Intuì già allora che solo con la cooperazione internazionale tra Paesi ricchi e Paesi poveri sarebbe stato possibile affrontare i nodi di un mondo globale, quegli stessi nodi che in quegli anni sembravano così lontani e che oggi sono invece così evidenti sotto gli occhi di tutti noi. Da politico seppe ascoltare le sensibilità e le istanze di chi lo aveva votato per tradurle in atti legislativi concreti». Agostino Mantovani - ex parlamentare europeo e presidente nazionale della Focsiv, la federazione delle organizzazioni di volontariato internazionale di matrice cristiana - ricorda così il senatore Mario Pedini, padre (tra l’altro) della legge del 1966 sul volontariato internazionale e il servizio civile. «L’eredità politica e ideale che ci ha lasciato - sottolinea Mantovani - dimostra tutta la sua fecondità proprio in un territorio, come quello bresciano, che è ricco di iniziative di solidarietà. Un territorio con il quale Pedini seppe intrecciare e mantenere un rapporto profondo». Militante nella Democrazia cristiana fin dalla sua fondazione, parlamentare dal ’53 all’80, parlamentare europeo dal ’79 al ’94 e tre volte ministro tra il ’75 e il ’79, Mario Pedini è morto per un improvviso malore martedì scorso a Roma all’età di 84 anni. Dopo una prima cerimonia religiosa giovedì mattina nella capitale e la veglia funebre di ieri nella casa bresciana, questa mattina alle 10 i funerali nel duomo della sua Montichiari. «Gli anni in cui Pedini promosse nell’opinione pubblica e in Parlamento la legge sul volontariato internazionale - ricorda Agostino Mantovani - erano gli anni in cui don Milani veniva processato per la sua difesa dell’obiezione di coscienza, erano gli anni di Vittorino Chizzolini. In quel clima culturale le sensibilità cristiane erano sollecitate dal Concilio Vaticano Secondo, dalla Populorum Progressio, nascevano i primi gruppi missionari che coinvolgevano religiosi e laici. Per i bresciani centrale fu l’esperienza di Kiremba, dove accanto alla chiesa sorsero scuole e ospedali. Si fatica oggi a riproporre correttamente l’intensità di quel periodo, perché accanto a tutti quei fermenti che abbiamo appena ricordato c’era anche la forte resistenza delle lobby militari e di quanti non volevano immaginare che la patria e la pace potessero essere difese in altro modo se non indossando una divisa». In quegli stessi anni Pedini, che già operava nell’ambito dell’Assemblea europea, fece parte di quel gruppo di parlamentari del Vecchio continente che lavorò per far decollare l’assemblea dell’Acp. Spiega Agostino Mantovani: «Si trattava di un organismo paritetico in cui sedevano governanti e parlamentari europei e africani. Un organismo che da allora ha avuto un forte sviluppo e che per primo cercò di far incontrare Paesi ricchi e Paesi poveri nella convinzione che uno sviluppo equilibrato del mondo non può che passare attraverso la collaborazione e la cooperazione. Era proprio questo uno dei tratti peculiari della attività di Pedini, questo suo esser così radicato al proprio territorio e contemporaneamente così capace di tenere uno sguardo aperto all’Europa e al mondo». Oggi quella assemblea Acp può rappresentare il seme di un forte sviluppo futuro. Sottolinea Agostino Mantovani: «Anche l’Europa che vediamo abbracciare 25 Paesi è nata da un sogno inizialmente condiviso da pochi. E allora perché non immaginare oggi che proprio quell’assemblea diventi domani il luogo di un sempre più proficuo incontro tra nord e sud del mondo? Perché non immaginare che l’Europa e i Paesi africani più maturi comincino davvero a mettere insieme energie politiche e amministrative per governare una globalizzazione che altrimenti si mostra come ingestibile?». Insomma: da Pedini la lezione del dialogo e della cooperazione. Ma anche una lezione politica: «Non si fraintenda quello che sto per dire - si premunisce Mantovani - ma mi piace pensare che in politica Pedini abbia applicato anzitutto la virtù della normalità. Che normalmente abbia saputo ascoltare la voce e le sensibilità di quanti lo avevano eletto. E che altrettanto normalmente abbia saputo da politico tradurre in legge quello che l’elettorato gli chiedeva. Non basterebbe forse che una tale normalità fosse più diffusa perché anche i problemi dell’oggi potessero sembrare meno irrisolvibili?».   Massimo Lanzini


«Con Aldo Moro e Giovanni Spadolini valorizzò il nostro patrimonio culturale»

Il prof. Francesco Sisinni, già direttore generale del Ministero per i beni ambientali e culturali e del Ministero dei lavori pubblici, ci ha inviato un ricordo del senatore Mario Pedini, che conobbe al ministero degli Esteri e con il quale lavorò a lungo ai Beni culturali, seguendone successivamente l’attività di studioso e di uomo di cultura.

È doveroso, soprattutto da parte dei testimoni, far sapere, specie ai giovani, che circa una trentina di anni fa alcuni uomini politici, ma anzitutto di cultura, pensarono responsabilmente che tutelare e valorizzare il nostro prezioso patrimonio culturale ed ambientale significava salvare la nostra dignità di Nazione e proporre soprattutto alle giovani generazioni, proprio attraverso la memoria e la creatività artistica, quella via educativa che porta al bello che, da Platone a noi, si identifica con il vero ed il bene. Quegli uomini furono Aldo Moro, Giovanni Spadolini e Mario Pedini. Ora che anche Pedini ci ha lasciato, è degno e giusto ricordare che se senza Moro e Spadolini non avremmo avuto l’istituzione del Ministero per i beni culturali ed ambientali, senza Pedini non avremmo avuto lo stesso Ministero deputato a tutelare e valorizzare questo nostro prezioso patrimonio. Infatti, il Ministero, nato formalmente il 1° gennaio 1976, solo pochi giorni dopo, l’11 febbraio dello stesso anno, restava orfano di Spadolini. Ma, varato il quinto Governo Moro, il difficile compito veniva affidato al colto europeista Pedini, che si era già distinto quale sottosegretario, al Ministero degli affari esteri, dove, tra l’altro, si era reso protagonista dell’eroico salvataggio dei prigionieri in Biafra e della cooperazione scientifica e tecnica, rivolta soprattutto alle sfortunate genti di Africa. Senza Pedini il Ministero per i beni culturali non avrebbe avuto vita. Infatti, fu lui a creare subito, da democratico convinto, il Consiglio nazionale per i beni culturali chiamandovi esperti come Franceschini, padre della celebre, omonima commissione, Caglioti e Montalenti, Pallottino, Fasola e Mazzotti. Fu lui ad organizzare il Ministero, facendovi convivere anime e storie diverse (dagli archeologi agli archivisti), rivalutando le Soprintendenze, ma anche le Accademie, le Biblioteche e gli Archivi, curando tra l’altro, il primo Convegno dei funzionari tecnici ed amministrativi e la prima Conferenza delle accademie, collaborando con le Regioni ed in particolare con il colto sindaco di Roma Giulio Carlo Argan, istituendo la Settimana per i beni musicali e dando nuova linfa all’Amministrazione, promuovendo l’assunzione di ben 7.500 giovani e creando, nel contempo, rapporti particolarmente proficui tra umanisti e scienziati, grazie all’essere, in quel tempo, anche ministro per la Ricerca scientifica. Studioso di Erasmo, oggetto di un suo pregevole saggio, cui fecero seguito numerose pubblicazioni di carattere politico e letterario, al filosofo della comprensione, più che della tolleranza, Mario Pedini ha ispirato l’intera sua vita di uomo e, coerentemente, di ministro e di europeista. Parafrasando Croce, oggi si può dire che Pedini ha voluto l’Europa unita, promuovendo, da cristiano, forti rapporti di solidarietà internazionale, perché ha, anzitutto, amato l’Italia, la sua memoria, il suo patrimonio d’arte e, in Italia, il borgo natio, la sua Montichiari. Francesco Sisinni

 

I FUNERALI DEL SENATORE PEDINI IL 12 LUGLIO

 

 BRESCIAOGGI del 13 luglio 2003

Tanti giovani tra la folla che ha partecipato ai funerali del senatore a Montichiari

Pedini, l’addìo a un amico

Olmi: «Rimarrà in noi il suo esempio di vita»

Con il funerale del senatore Mario Pedini si è chiusa un'epoca per Montichiari. Un capitolo storico, ricco di impegno civile, politico ed educativo, iniziato con i primi decenni del '900 quando il padre, maestro Amedeo Pedini, si trasferì qui da Gardone Valtrompia. Amedeo insegnò per 44 anni a Montichiari e morì proprio il 12 luglio di 41 anni fa. A lui è dedicata una Fondazione che aiuta i giovani studenti meritevoli. Della vita del senatore Mario Pedini, nato a Montichiari nel 1918, è già stato detto molto e lui stesso nel suo testamento, letto in Duomo, ha scritto: «poche parole al mio funerale, ne ho già fatti sin troppi io di discorsi, pensate più alle preghiere».
Un periodo quindi ricco di esempi prolifici per tanti giovani, durato poco meno di un secolo e conclusosi ieri, in una soffocante giornata di luglio, nella tomba di famiglia accanto alla chiesetta del cimitero di Montichiari, con il suono dell'Appassionata di Behethoven offerto dalla Banda cittadina Carlo Inico e la cornice di tanti gonfaloni. Tra le corone di fiori, anche quella del presidente della Repubblica.
«Ma l'esempio di vita di Mario Pedini rimarrà nei nostri ricordi - ha detto nella sua omelia in Duomo il vescovo Mario Olmi -. Ringrazio il Signore per il bene che ha potuto fare tramite quelle qualità che Mario seppe mettere a buon frutto grazie alla sua fede cristiana. Non sia turbato il vostro cuore per la sua improvvisa assenza, seguiamone l'esempio e mettiamo a frutto i talenti che il Signore ha dato a ciascuno di noi».
Un omelia intensa e molto sentita quella del Vescovo Olmi, che fu parroco di Montichiari per tanti anni e conobbe quindi personalmente la profondità di spirito e l'azione altruistica del professor Pedini. Un discorso troncato in parte dalla richiesta dello stesso senatore di dar poco spazio ai discorsi, ma che pur nella sua sinteticità ha colpito tutte quelle persone, monteclarensi e non, che alle ore 10, quando il feretro è entrato in Duomo, già avevano riempito ogni angolo del tempio.
«Hai avuto una carriera luminosa e sei sempre stato attento ai più umili ed ai popoli emergenti - ha detto il suo amico Enrico Silvioli -. Le tue telefonate erano puntuali anche per le persone più sole e sapevi alleviare la loro solitudine. Sei stato attento a tutte le vicende del mondo e dello spirito». Gli ha poi fatto eco il sindaco Gianantonio Rosa, che ha dichiarato il lutto cittadino e che in chiesa ha ringraziato l'amico e senatore per tutto quanto aveva fatto per Montichiari («Sapeste quante pratiche comunali è riuscito a rimuovere dalle paludi della burocrazia») e poi ha letto alcuni versi di una poesia greca donatagli da Pedini, che suggeriva «sempre devi aver in mente Itaca senza aspettarti ricchezze».
Non poteva poi mancare la voce di una giovane, quella di Gloria Fenaroli, fotografa emergente, alle cui mostre il senatore era sempre presente con le sue azzeccate idee, proposte, incoraggiamenti e complimenti. «La tua partenza ci ha spiazzato e ci mancheranno le tue domande - ha detto Gloria -. Ci chiedevi spesso "sei felice?", cercavamo in te il maestro di vita, ma abbiamo anche trovato un grande amico».
Numerosi i giovani al funerale, rappresentanti di coloro che il senatore Pedini aiutò con la sua legge sul Volontariato civile («legge che fu solo mia», scrive nel testamento) e non è mancata una folta rappresentanza di quel gruppo di 14 italiani che nel 1969 Pedini, allora Sottosegretario agli esteri, salvò da una pericolosa situazione in Biafra. Molte le autorità presenti, dal prefetto Annamaria Cancellieri al presidente della provincia Alberto Cavalli, dal capogruppo del centrosinistra in Regione Mino Martinazzoli all'intera giunta comunale monteclarense, come pure sindaci, consiglieri e parlamentari bresciani, assessori regionali e provinciali, del passato e del presente, tutti con un sincero «grazie senatore» nel cuore o nella mente. Ma soprattutto gente comune che ha apprezzato questo grande amore gratuito di un monteclarense verso la sua città e la sua patria.

Francesco Di Chiara

 

Giornale di Brescia del 13 luglio 2003

A Montichiari il commiato affettuoso di Brescia, della Bassa, del paese natale che ha sempre avuto in cima ai suoi pensieri
Pedini, l’impegno laico del cristiano
Il senatore nel testamento ha sollecitato «funerali semplici ma densi di preghiera»

«Nessuna religione al mondo accompagna il fratello all’aldilà con la solennità affettuosa della preghiera cristiana. Lasciate quindi spazio alla preghiera della Chiesa pro defunti. Funerali semplici ma densi di preghiera». Mons. Francesco Bertoni, parroco di Montichiari, legge, in un Duomo gremito, le indicazioni vergate dal sen. Mario Pedini sul modo di celebrare il suo funerale. È il commiato di Bres cia, della Bassa, di Montichiari. L’invito è accolto, condiviso, interpretato. Il saluto della politica nazionale è avvenuto a Roma, giovedì mattina, officiato dal cardinal Giovanni Battista Re che, raccontano gli on. Conti e Fontana, ha pronunciato parole di grande stima ed affetto per il sen. Pedini. C’erano ex presidenti del Consiglio come Emilio Colombo e già ministri quali Giuseppe Zamberletti, ambasciatori, delegazioni di Camera e Senato. L’eco di quel grazie nazionale è in due corone di fiori ai lati dell’altare: una del Presidente della Repubblica, l’altra dell’Associazione ex parlamentari della Repubblica. Il corteo funebre, preceduto dalla banda, omaggio alla sua passione per la musica, parte dalla casa di famiglia, a due passi dal Duomo. Una casa che respira umanità vissuta nei decenni. Il feretro è collocato tra le cose della sua vita quotidiana. Nell’ultimo viaggio lo scortano una decina di labari di diverse associazioni. Sulla strada e nella piazza del Duomo la gente del suo paese. La chiesa è piena di persone in attesa. Presiede mons. Vigilio Mario Olmi, vescovo ausiliare emerito di Brescia, affiancato da mons. Gennaro Franceschetti, bresciano arcivescovo di Fermo, da mons. Angelo Chiarini, già rettore del Seminario, e da mons. Francesco Bertoni. Concelebrano una decina di sacerdoti in rappresentanza di parrocchie e realtà diocesane. È sempre azzardato fare l’elenco delle autorità presenti. Azzardiamo. Nei primi banchi scorgiamo il prefetto Annamaria Cancellieri, il presidente della Provincia Alberto Cavalli, il comandante dei Carabinieri col. Carmine Adinolfi, il sindaco di Montichiari Gianantonio Rosa, l’assessore regionale Mario Scotti e la collega Margherita Peroni. Presenti assessori provinciali, sindaci e amministratori comunali. Ci sono l’on. Riccardo Conti e numerosi parlamentari che hanno condiviso l’esperienza nazionale con Pedini: da Mino Martinazzoli a Fabiano De Zan, da Elio Fontana ad Andrea Bonetti, da Bruno e Franco Ferrari a Mauro Savino... L’omaggio del mondo della scuola passa anche per i volti del rettore della Università Statale prof. Preti e del dirigente scolastico provinciale prof. Colosio. Non manca il grazie dei «salvati» del Biafra. «Se per ricordarmi volete farmi cosa gradita, aiutate i giovani a studiare e a formarsi (ricordate i volontari della Legge Pedini... che fu mia e solo mia). Se volete ricordarmi nell’intimo, ascoltate la Appassionata di Beethoven o il movimento lento della sua settima sinfonia. Credo alla Santa Messa, comunione dei vivi e dei defunti» continua a leggere il parroco da uno scritto che il sen. Pedini vergò il 20 ottobre del 1987. C’era un post scriptum: «Non amo discorsi: ne ho fatti troppi io e quelli migliori sono state le lezioni giovanili ai miei alunni che ricordo tutti con affetto. Vorrei che il celebrante leggesse il passaggio dei Filippesi 2 di S. Paolo: "Non fate nulla per invidia o per vanto, anzi, con grande umiltà, stimate gli altri migliori di voi. Badate agli interessi degli altri e non soltanto ai vostri". Così ho cercato di essere... almeno nelle intenzioni!». Lunga, articolata, l’omelia di mons. Olmi, che fu parroco di Montichiari dal 1970 al 1983, quindi portatore di una conoscenza personale del sen. Pedini. Cuore della riflessione la centralità della famiglia e della comunità cristiana come trasmettitrice di valori che esaltano le attitudini personali: più si cresce nella fede in Dio più si cresce nella fede nell’uomo. A Pedini viene riconosciuta la scelta fondamentale, maturata nella tradizione familiare, poi nell’attività di insegnante e conservata negli accresciuti livelli di responssabilità politica, di educare, crescere nella responsabilità i giovani. Per dirla con mons. Bertoni «l’impegno laico, purificato da ogni clericalismo o integralismo, che ha sempre qualificato il servizio politico del nostro fratello, possa essere modello che caratterizza sempre l’impegno dei cristiani nella vita sociale e politica».  Adalberto Migliorati


Con i giovani, gli ammalati, i soli
COMMOSSE TESTIMONIANZE E SINCERI RINGRAZIAMENTI

Se lo sguardo corre oltre le prime file, scorge i volti, e gli abbigliamenti, del popolo bresciano, soprattutto della Bassa. Venuto perché «glielo dobbiamo per il molto che ha fatto per noi» raccontano quelli che individuano il cronista. Un sentimento di riconoscenza che ho respirato fin da ragazzino quando - mio padre era segretario comunale - sentivo più volte parlare di Mario Pedini come dell’uomo politico che poteva aiutare per la Scuola Materna, le Elementari, le fognature o le strade. Il sindaco Rosa, che fu suo allievo, ribadisce la costante attenzione per i giovani e la scuola, come l’amore e l’interesse per Montichiari. Il suo rendersi disponibile fino all’ultimo per aiutare e, se richiesto, consigliare, parla di un antico, profondo rapporto con la propria terra. Un sacerdote salesiano esprime il grazie delle migliaia di giovani che hanno potuto fruire della Legge Pedini per svolgere il servizio di volontariato internazionale come esperienza sostitutiva del servizio militare. Una ragazza manifesta la gratitudine per aver incontrato un uomo che sapeva fare le domande giuste così da trasformarsi dal maestro cercato in un amico che aiutava a camminare dentro i sentieri della vita. La testimonianza più commossa è dell’ing. Enrico Silvioli, amico fin dall’infanzia. Ricorda la volontà del «carissimo Mario» di evitare commemorazioni e dichiara il desiderio di rispettarla citando solo i titoli dei capitoli di una vita intensa. Aggiunge: «Ma in questo silenzio che tu hai chiesto, debbo almeno farmi io porta parola di quelle persone sole cui tu facevi quotidianamente un giro generoso di telefonate, perché sapessero che, pur nella loro solitudine, avevano accanto un amico fedele, dal pensiero sempre sollecito e tanto affettuoso. Così come intendo anche presentare la mia voce per esprimerti il grazie commosso dei tanti ammalati che assiduamente visitavi. Altro mio dovere ritengo sia quello di far qui risuonare, in questo nostro grande Duomo, il grido di amore e di gratitudine di tutti i tuoi "risorti" del Biafra. Sono diventati anch’essi tuoi figli, attenti, e ora tanto accorati nell’ora del commiato». Fatto un cenno all’attività pubblicistica dello scomparso, l’ing. Silvioli rammenta: «Noi ti vediamo ora nella brescianità che conta, accanto ai Montini, Bulloni, Boni, Suor Giovanna e, più in là, nelle tue consuetudini con Moro e con gli altri tanti italiani e africani, che potrei pure nominare, ma troppo mi dilungherei». Citati gli affetti familiari del sen Pedini, l’ing. Silvioli testimonia: «Sempre ammirato per la tua vasta apertura culturale, la nitida visione delle complesse realtà emergenti, la sincerità degli affetti, mentre giorno dopo giorno continuavi a svolgere metodicamente il tuo intenso lavoro, incurante del trascorrere degli anni e delle remore dell’età: sentivi di essere più un seminatore che un raccoglitore, preferivi sempre essere un sapiente e sensibile direttore d’orchestra piuttosto che un apprezzato solista. Hai trasmesso ampiamente ai giovani il fascino dell’elevata cultura e la sete di nuove conoscenze». (a. mi.)

 

gb07-08-03pedini.jpg (178962 byte)